Se io fossi quella,
quella per cui apri gli occhi la mattina e respiri, dentro l’aria e fuori l’aria,
se io fossi quella a cui pensi mescolando lo zucchero nel caffè, anche se non bevi caffè, a te piace il tè e non lo capirò mai,
se io fossi quella che hai in testa mentre lavori di notte, quella che riempie i tuoi disegni, quella per cui pensi e scrivi tutte le parole, anche quelle difficili, anche quelle dolorose,
se io fossi quella che ti fa sperare che ci sarà un domani e sarà bello, quella che vedi al tuo fianco quando tutti i capelli, tutti, saranno diventati grigi, se io fossi quella che cerchi tra la folla, quella che senza ti senti perduto e solo, quella che come me nessuna mai e non c’è prima e non ci sarà un dopo,
se io fossi quella che toccarmi dà motivo alle tue mani di esistere, quella che baciarmi tiene in vita le tue labbra,
se io fossi quella che spiega tutto, che dà una ragione alla fatica fatta per arrivare qui, che chiude i conti, se io fossi quella che perdona tutti i tuoi sbagli, che ti regala un altro inizio, che mette insieme tutti i tuoi brandelli e ti insegna sapori e colori nuovi,
se io fossi quella, avrebbe tutto senso, le lacrime, le fughe, i sospiri, i pugni contro le porte chiuse, i chilometri in autostrada di notte per cercare risposte, i baci che sembra arrivino da lontano e ti prendono alla sprovvista,
avrebbero senso gli anni che abbiamo vissuto, le promesse che abbiamo fatto e non abbiamo saputo mantenere, avrebbero senso le fini e tutti gli addii, quelli che si portavano via pezzi di cuore e di stomaco, avrebbero senso le canzoni che regalavano sollievo, ascoltate dieci, cento, mille volte, avrebbero senso le sbronze e le scazzottate con gli amici, avrebbero senso i giorni che abbiamo passato lontano, a ricucirci le ferite,
avrebbero senso i giorni che verranno, avrebbero davvero senso, tutti, per sempre.
Ma se non sono quella, se non lo sono, portati via il tuo odore, porta via le parole e i tuoi sorrisi, strappami la tua voce dalla testa e nascondila sotto l’oceano, dove i rumori sono confusi e non posso più riconoscerli,
se non sono quella, dimenticati di me e io sparirò per sempre e non ci saranno ricordi che tolgono il fiato e non ci saranno rimpianti,
se non sono quella, non trattenermi nelle tue matite, non disegnare il mio volto per ricordarlo, non lasciare che il bianco e nero mi trasformi nel tuo passato.
Se non sono quella, non sarò un tentativo, non sarò un’alternativa, non sarò l’altra, non sarò un’amicizia, non sarò la compagna di qualche notte calda, non sarò l’allegria,
se non sono quella, non sarò niente,
perché non sono niente senza di te e tu non puoi farcela senza di me,
non puoi farcela,
perché non ci sono più io, non ci sei più tu,
perché il mondo esiste solo se ci siamo noi,
e nient’altro.
Hai un’anima davvero profumata e piena di luce.
Che bello…
quella (ma anche quello, savansandir) non è che non sei tu, è che quella non esiste proprio
Perché non esiste? Essere “quelli” è probabile, ma bisogna provare a essere chiari, soprattutto con sé stessi. Lo spaziotempo è una brutta gatta da pelare, anche se lo/a chiudi dentro una scatola o un cervello. Forse non c’è sempre tempo per capirsi all’istante o per leggersi completamente anche lungo il corso di anni, ma sintonizzarsi non è impossibile a prescindere, e lo dico dal basso dei miei fallimenti.
A. M., sono d’accordo.
Con l’età forse diventiamo più coriacei, facciamo più fatica a lasciarci andare alle affinità elettive, ma esiste un “quello” o “quella”.
Questo post arriva in una giornata in cui è difficile trovare le parole.
Tu le hai trovate per me, e ti ringrazio.
Forse, appunto. Forse era meglio scrivere alti e bassi nel mio commento. Forse sarò frainteso, di sicuro non vorrei sembrare supponente e antipatico. È più che altro un consiglio, non richiesto, per d. Con le parole ci giochiamo un po’ tutti, ed è sempre bello riconoscersi. Ma poi? Non sto supponendo, sperando. Trovare non vuol dire fermarsi e dire: io sono quello/a lì, oppure chiederlo e guardare l’altro/a da lontano. Si è in due, in equilibrio sul filo (perdona l’analogia da tre soldi).
ok, se la mettete così mi costringete a non dirvi nulla su Babbo Natale
Scusate, so che non dovrei intervenire nel vostro dialogo, perché per me ormai “tutti i capelli, tutti, sono diventati grigi”, ma mi viene da dire che sapere che non esiste “quella” – di cui Dania parla in modo così splendido – non diminuisce, anzi a volte esalta la scelta di condividere i propri limiti, le proprie incertezze, i proprio “brandelli”, anche se restano brandelli. La speranza di ricondurre la molteplicità a una qualche forma di unità ha ispirato filosofie, religioni, comportamenti quotidiani, ma io penso sia bellissimo amare la molteplicità senza farsi illusioni.
E poi ho capito che non avete capito: io non intendevo dire che non esistono le affinità elettive ma che per me non esiste (e meno male) una figura totalizzante come quella che vorrebbe essere l’autrice; se vuoi amare l’amore non gli chiedere quello che non può dare, diceva quello.
Sono giorni che rileggo questo post e tutte le volte mi commuovo
Bellissimo.
Non sono arrivata in fondo, troppo doloroso, ma questo è un problema mio.
Tu dovresti scrivere così, sempre. Quando scrivi così si sentono più strumenti che suonano, le immagini acquistano profondità e si riesce a spostare tende che aprono su nuove stanze. E mi piace che Donnissima stia andando in quella direzione.
Con tutta la mia ammirazione.
Grazie.
Donnissima (e il suo editore) mi hanno lasciato una libertà che non avevo mai avuto prima.