Quelle volte che scrivo di notte lo faccio in modo che nessuno mi legga o senta. Le volte che scrivo di notte poi cancello tutto e vado a dormire e riscrivo tutto nella testa e poi nei sogni ed è sempre pieno di frasi belle, frasi bellissime che a scriverle davvero non vengono mai fuori così bene, con tutta la vita dentro.
Quelle volte che scrivo di notte penso agli amori finiti e penso ai viaggi e a Venezia, alle calli notturne, a Parigi, al Marais, penso a quell’amica che amavo tanto e che poi è partita per l’Africa, penso ai pensieri e i pensieri sono pesanti, ma lisci, non li sollevi, li fai solo scivolare un po’ più in là, ti fai solo un po’ di spazio, non li elimini, non li sopprimi.
Quelle volte che scrivo di notte guardo il gatto e il gatto sembra dirmi lascia perdere, hai già il cuore a brandelli e quelle occhiaie scure, hai già usato tutte le parole e non sono servite, fai come me, che sogno tutto il giorno, arrotolato sul divano, dormendo un sonno giusto e sazio, dimenticandomi di ciò che non è stato.
Quelle volte che scrivo di notte parlo col gatto e poi con me stessa, ma a bassa voce, sentendomi appena, buttando giù parole che non fanno stare bene, ma nemmeno male, che sono solo trama che ordisco per terminare la tela.
È passato un anno esatto da quando mi sono esplose le parole. Le ho usate per riempire tutti i silenzi, i miei, i tuoi, i suoi. Di notte ne ho cancellate centinaia. Le ho riscritte nella testa. Sono le parole che non leggerà nessuno. Peccato. Secondo me, sono le più belle.