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Promemoria

Mi hanno chiesto: come mai aggiorni così poco il blog?

Eh. Grazieperladomanda.

Perché ci sono twitter e facebook e il tempo da perdere e il libro da finire e consegnare speriamo in tempo. E poi ci sono i viaggi, il lavoro, e le rogne.

Chi come me non ha fatto del blog un lavoro non può fare a meno di trascurare il blog per il lavoro. O per la ricerca di lavoro.

Scrivo questo post come promemoria, per ricordarmi che vale sempre la pena scrivere per comunicare e non solo per mangiare.

Torno a fare tutto il resto.

È tutto. Anzi, no.

Il blog è migrato (finalmente) sul nuovo server.
Ringrazio tanto, tanto, tantissimo Andrea Beggi per il prezioso aiuto tecnico. Un giorno, questo salvatore del wordpress verrà ricordato nei libri di storia.

Tra qualche giorno partirà il Dania World Tour: 8 febbraio a Roma, 9 a Padova, dal 10 al 13 a Parigi, 14 e 15 a Roma, dal 16 al 18 a Padova, brevissima sosta a Milano e partenza il 19 febbraio per il Brasile, con rientro a Milano il 6 marzo.

Mi scuso con i creditori e, soprattutto, con la mia meravigliosa editor (sì, sto cercando di blandirti) per i ritardi che accumulerò.

Fatemi un fischio se la situazione in Italia precipita. Potrei decidere di restare nel Maranhão.

È tutto.

Anzi, no: l’amore è una cosa faticosissima. E fa bruciare molte meno calorie del Body Pump. Non sono mica sicura che ne valga la pena.

Giù

Il blog era “andato giù”.
Il server su cui era ospitato è esploso. Allora prendi i dati, spostali su un altro server e controlla e non va e recupera e aggiusta.
Sono stata quasi una settimana senza blog.
Non era mai successo, dal 2003, da quando l’ho aperto.
Un giorno, un giornoemmezzo forse sì. Ma una settimana, mai.
All’inizio dicevo adesso torna a posto. Dai, tra un’oretta c’è. Poi ho iniziato ad avere un senso di vertigine. Poi il terrore. Poi la rassegnazione.

Ed eccolo di nuovo qui.

Non è uno spazio di lavoro. Non è uno spazio commerciale. Non ci guadagno soldi, non sono obbligata a usarlo quotidianamente.

Ma è il mio cassetto dei pensieri, il mio salotto, il tavolo della cucina dove ricevo gli ospiti, il bloc notes dei ricordi e dei buoni propositi.

Per un attimo ho temuto di doverne fare a meno. Dopo quasi 10 anni.
Troppe parole a cui rinunciare, troppo lettori, amici, troppi messaggi in troppe bottiglie.

Ho avuto strizza.

È strano pensare che uno spazio virtuale che sembra fluttuare nella mente e nello spazio, dipenda da una macchinetta che può danneggiarsi. La tecnologia è incredibile. E fragile.

Malafemmena è tornato.

Stasera, da bere lo offro io.

(Grazie ad Andrea per avermi tenuto stretta stretta la manina, mentre deliravo per l’assenza).

(E grazie ai piccoli Umpa Lumpa che hanno rimesso tutto a posto).

Cambiamento lento

Ha fatto il cambio di stagione, costretta dal freddo improvviso, molesto e insistente.

Ho cambiato abitudini alimentari, perché il mio metabolismo sta facendo i capricci.

Ho cambiato, ancora una volta, taglio di capelli.

E poi, grazie ai ragazzi di Weesh, ho cambiato la grafica del sito. Che ricorda un po’ la vecchia, perché mi affeziono alle cose e vorrei, da vera Gattoparda, che tutto cambi, affinché tutto resti uguale.

Buon Halloween per chi lo festeggia, buon ponte per chi ha un lavoro, buona fortuna per chi cambia tutto, in continuazione, come me.

Nove anni e un giorno

Ieri il mio blog ha compiuto nove anni.

Nove.

Ma ci pensi?
Io mi sento ancora venticinque anni.
Cos’è successo? Cosa abbiamo fatto tutto questo tempo? Quante parole abbiamo scritto? Quante cose ci siamo detti? Quante volte abbiamo riso, litigato, discusso, pianto, riflettuto? Quante volte non abbiamo avuto voglia di dire niente, perché era meglio tenerci tutto nella testa?

Sono passati nove anni.
Un’eternità.

Vado a brindare con il caffè.

Grazie a tutti per esserci stati.

 

Allora vivo

Ho usato un sacco di metafore per raccontare quello che mi è successo nell’ultimo anno. Ho scritto tantissimo, ma proprio tanto, su me stessa, i miei sentimenti, le paure, le ansie, le attese, i ricordi, i progetti, le speranze.

Il blog è un diario, è una pagina bianca in cui metti te stesso, ma per me non era mai stato così. Era una vetrina per Dania, per i suoi pensieri sulla satira, sul precariato, sul sesso, sugli uomini.

Il 24 aprile 2011 è il giorno in cui sono morta. È una data che segna un prima e un dopo. È una data che alla fine ho scelto, dopo mesi in cui sbattevo la testa contro i muri, digiunavo, piangevo sempre, sempre, non parlavo mai o parlavo troppo, ero chiusa in una casa con un silenzio assordante. È la data in cui non ce l’ho fatta più e ho deciso che non potevo essere ancora io.

È passato un anno e mi sono successe molte cose, belle e brutte, piccole e enormi, crudeli e dolci. Ho scritto un libro sull’amore, in gran parte raccontando quello che avrei voluto dicessero a me, ho lavorato in TV, pur non avendo età e aspetto televisivi, ed è stata una bellissima esperienza. Ho girato l’Italia con Stiletto Academy, ho conosciuto amiche che adesso sento tutti i giorni e delle quali non potrei più fare a meno. Sono stata insultata, presa in giro, allontanata dagli amici. Sono stata ferita, in modi meschini, sono stata fregata (e qui parlo -ahimé- di soldi), usata, abbandonata ancora e ancora. Nei periodi in cui sei fragile ci sono due tipi di persone che ti stanno accanto: quelli che fanno di tutto per sorreggerti e quelli che fanno di tutto per affossarti. Succede per tutti. Io avevo anche questo enorme sfogo dei Social Network e Dania si è messa da parte ed è arrivata Daniela, e mentre Dania non sbagliava un colpo, Daniela ha fatto e detto cose imperfette, come me.

A un certo punto è finita una storia d’amore e ci ho messo del tempo per superarla. È passato qualche altro uomo, ma poi non si è fermato. Poi ho fatto le valigie, ho chiuso la casa a Padova, ricomprata a fatica, e sono venuta a stare a Milano.

Milano ha il grande vantaggio di non farti mai sentire estraneo. A Roma, a Napoli, se non sei nato lì non ti sentirai mai completamente del posto, mentre Milano è democratica, dà la cittadinanza a tutti. Sei di casa non appena hai i tuoi posti, quando vivi tutta la tua vita nel quartierino, quando eviti la corsa in via Torino o al Duomo nei giorni di punta, quando passi le serate in osteria in Porta Romana, quando conosci a memoria le linee della metro.

Allora mi sono trasferita qui e non è sempre bello. A volte ci sono gli amici, gli amanti, i parenti, le cose da fare, da vedere. Altre volte sei sola con te stessa e il gatto e vorresti scappare lontano, magari vedere il mare, salpare su un cargo battente bandiera liberiana e non tornare più.

Adesso vivo di espedienti, ho pochi lavori, pochissimi soldi, qualcosa da scrivere, un affitto, una coinquilina, solo amici a cui voglio bene, qualche uomo di passaggio e mai troppo giusto, qualche progetto che non ho la grinta di portare avanti, il mio blog.

Sono morta un anno fa e adesso un po’ rinasco, mi alleno, cambio pettinatura ogni due mesi, imparo a sorridere, non racconto più a nessuno i fatti miei, quando mi feriscono riparo con il cabernet, ho una terribile paura nel futuro, ma dicono che significa essere vivi. Allora vivo.

Tra cinque minuti

Scrivo poco perché non ho più patimenti, non ho messaggi da lanciare, non ho voglia, aspetto la primavera, dovrei pulire casa e perdo tempo, dovrei consegnare quel progetto e guarda, c’è un programma inutile alla TV! Adesso lo guardo e procrastino, non sono più innamorata, non sono ancora innamorata, non so cosa dire, se lo dico non mi viene bene, non ho tempo, perdo un sacco di tempo, devo lavorare, c’è troppo lavoro, c’è poco lavoro allora lo cerco, ho l’ansia per i debiti, mi trascuro, prenoto il parrucchiere, prenoto l’estetista, aspetto la fashion week, leggo, leggo, guardo film, bevo tre moka di caffè al giorno, mi metto a dieta, mi dimentico di essere a dieta, vado in palestra, mi stanco, mi lavo i capelli e perdo tempo a stirarli, non sono felice, non sono triste, non sono molto, aspetto.

Scrivo poco, non è un dramma. È molto peggio non pulire casa. Adesso vado, davvero. Tra cinque minuti vado.

È solo inverno

Avevo scritto un pezzo sul lungo inverno e sul mio vizio di parlare con le persone delle sofferenze d’amore, su come ci siano enormi similitudini tra i cuori infranti, su come si diventa tutti uguali con il cuore a pezzi.

Sono originali gli addii, i come, i con, i chi e i quando, ma sono uguali le meschinità, le scuse, le fughe, le lacrime, i ritorni goffi e dolorosi, i silenzi, le scenate, i nodi in gola, i digiuni, i mal di testa, le benzodiazepine.

Stavo per scrivere che non è morto quasi mai nessuno d’amore, ma tutti sono rimasti invalidi e camminano e respirano male, a volte perdono il sonno, si appoggiano ai nuovi amori come bastoni, non sentono più pienamente i sapori, portano dietro pezzi di tutti quelli andati e non li buttano via quando arrivano i successivi.

Poi il sito è andato giù e non ha salvato il lungo pezzo e, mentre aspettavo che tornasse tutto a posto, mi sono messa a leggere, a guardare un film, a cucinare della pasta con un vasetto di ragù preparato da mia sorella, a bere un bicchiere di vino, a guardare la neve dalla finestra, a giocare con il gatto, a ciondolare in questa domenica fredda fredda, di questo lungo inverno che non passa, che non ci ha uccisi, ma ci ha lasciati sentimentalmente invalidi.

E  mi è passata la voglia di riscrivere tutto, perché va bene così, quello che manca c’è stato e poi ritornerà, è solo l’inverno che spegne tutto, che copre di ghiaccio, che rallenta il respiro, che toglie la voglia, che annulla l’entusiasmo.

È solo inverno, che poi finisce e poi diventa primavera ed estate. Non possiamo evitarlo. E quello che non possiamo evitare dobbiamo almeno cercare di tollerarlo. Anche quando rompe vorticosamente i coglioni.

Bevo un altro bicchiere di vino, poltrisco un altro po’, provo a postare senza che il sito mi abbandoni, mi vesto e vado ad affrontare la tempesta.

Ed è solo lunedì

San Gennaro ha replicato il miracolo.

A Milano piove.

Da mercoledì sarò la reporter per le sfilate della Fashion Week milanese per Donnamoderna. Potete seguirmi sul sito per sapere cosa succede in passerella, nei backstage, ai party e agli aperitivi (soprattutto agli aperitivi). Userò parole come outfit e mi nutrirò solo di prosecco e lattuga. Non mancate!

Avete ancora un po’ di tempo per votare Malafemmena come miglior blog del 2011 e Dania come miglior twitter ai Macchianera Blog Awards. Studi clinici hanno dimostrato che se date il vostro voto a me, la vostra qualità della vita migliorerà del 35%. E poi prometto di ridurre le tasse.

Buon autunno a tutti.

2922

Il 7 agosto del 2003 mi sono messa a chiacchierare con il mondo.
Non mi sono più fermata.
Sono passati 2922 giorni.

Per tanti anni ho scritto poco e spesso. A volte molto poco e molto spesso. A volte un po’ di più e un po’ meno spesso.

Ho sempre trovato faticoso scrivere.

Prima del blog scrivevo solo lunghissime lettere di carta agli amici più cari e qualche articolo o tesina per l’università. Da ragazzina scrivevo poesie. Poi, per fortuna, ho smesso.

Ho sempre trovato faticoso scrivere, ma il blog era diverso. Scrivevi una battuta, commentavi la politica, postavi una foto.

Dopo qualche anno, sono arrivati twitter e facebook e friendfeed. Le battute, i commenti, le foto ho iniziato a postarle lì. Hanno iniziato a farlo quasi tutti. E il blog è diventato uno spazio che facevo fatica a riempire, ma che era impossibile abbandonare.

Poi quest’anno mi sono succede delle cose, è cambiato tutto, è cambiato il lavoro, la vita, le persone. È finito un amore e ha fatto molto male. Un altro amore non mi è stato corrisposto e – cazzo! – ha fatto male anche lui. Ho dovuto vivere tutta una vita per scoprire che le occasioni che non hai avuto ti massacrano come quelle che hai perduto.

Ho sempre trovato faticoso vivere.

E le parole hanno iniziato a percolarmi e mi scorrevano a fiumi e ne vomitavo valanghe e non sapevo dove metterle, dove conservarle, dove parcheggiarle.

E mi sono ricordata del blog, che era lì tenuto in vita senza troppo entusiasmo e che è diventato una palestra per commentare anche quello dentro, non solo quello fuori.

Scrivere sembra, a volte, meno faticoso.

Non credevo che dopo tanto tempo questo posto potesse diventare ancora più importante per me di quanto non lo sia stato in questi lunghi anni. È una protesi sociale e uno scudo. È me stessa, ma solo la parte migliore, quella che si può raccontare. È un quarto di vita in un archivio ordinato. È il mio posto preferito.

Grazie per averlo frequentato con me in questi quasi tremila giorni.

Finché dura

Da anni, ogni tanto, qualcuno grida da qualche pagina di blog che i blog sono morti e, all’improvviso, tutti noi sperperatori di tempo e byte ci sentiamo in dovere di pregare per l’anima dei nostri diari virtuali.

I blog che parlano di blog non sono affascinanti come i libri che parlano di libri, come i film che parlano di film.

Questi diari sono solo posti in cui siamo arrivati perché volevamo dire qualcosa.

C’è chi ha detto tutto, chi ha preferito continuare a dire sui social network, chi si è accorto di non avere un cazzo da dire o di non avere più voglia di dirlo.

C’è chi rimane, perché non riesce a farne a meno, perché gli strumenti nuovi, i facebook, i twitter, i friendfeed, sono più conversazione e meno riflessione, perché ha voglia di scrivere senza essere fagocitato dalla serendipity, perché l’archivio dei suoi post gli ricorda dove è stato e dove sta andando.

Un paio di anni fa avevo pensato di uccidere il blog.

E poi non l’ho fatto.

Ho passato quasi otto anni della mia vita tra queste pagine e non saprei come si fa a tornare a vivere senza rielaborare i monologhi interiori in forma di post.

Dopo quasi otto anni il mio blog è cambiato, sono cambiata io, sono cambiati i tempi, le idee, le percezioni, le ambizioni, i ritmi, le persone, gli spazi, i lettori, il personaggio, le parole.

Dopo quasi otto anni il mio blog è diventato il posto delle cose non urlate, il posto dove mi sono accorta che c’è una crasi perfetta tra Dania e Daniela.

Un giorno non avrò più niente da dire e dirmi e spegnerò la luce anch’io e di tutto quello che è stato scritto non saprò cosa fare.

Quel giorno credo che mi sbronzerò.