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Io sono Carrie

Sarah Jessica Parker oggi compie 50 anni.
Per quelli di voi che fossero vissuti sulla Luna negli ultimi venti anni, come uno zaino abbandonato della Cristoforetti, Sarah è stata il volto televisivo e cinematografico di Carrie Bradshaw, eroina della celeberrima serie cult Sex and the City.
Come molte ragazze della mia generazione, universitarie alla fine degli anni ’90, a malapena sopravvissute a Non è la Rai e più che determinate a far valere il nostro cervello sulle nostre chiappe, per un lungo periodo non sono stata interessata al mondo di Cosmopolitan, tacchi a spillo e uomini sbagliati che Carrie e le sue amiche raccontavano.
Maffigurati se le femmine vere possono trascorrere così tanto tempo a riempirsi di alcol, spendere interi stipendi in scarpe, cercare di far carriera in mondi (patinati) maschili e parlare di relazioni sentimentali disastrose!
Poi è successo l’inevitabile: ho scavallato i trenta e mi sono avvicinata all’età delle protagoniste, sono tornata single, ho iniziato a comprare scarpe, mi sono trasferita in una città più grande, ho iniziato a bere per passione, ho conosciuto coetanee, nuove inseparabili amiche, con il pallino della carriera, poco propense alla famiglia tradizionale, invischiate in relazioni passionali, quanto fallimentari, sarcastiche e sagaci, e ho cominciato a scrivere per mestiere, anzi, ho iniziato a scrivere chick lit (che, per la mia amica Elena che non ne ricorda mai il significato, è quel genere letterario quasi esclusivamente per ragazze che parte dal Diario di Bridget Jones e naufraga in Via Chanel n.5).
Cinque o sei anni fa, mia sorella mi ha regalato il cofanetto con tutte le stagioni della serie e finalmente ho capito.
Ho capito che non era una storia di essere fighe a Manhattan, ma una metafora sull’essere donne, un manuale di sopravvivenza per fanatiche del principe azzurro (possibilmente meno bolso di Mr Big), un sussidiario sull’amicizia e – tema quanto mai caro alla sottoscritta nell’ultimo periodo – un’esortazione a provarci sempre, perché #NonèMaiTroppoTardi.
Ho iniziato a volere bene a Sarah, e ho continuato a volergliene anche quando ho scoperto che era stata per sette lunghi anni la giovane fidanzata del giovane Robert Downey Jr. Perché lei ha impersonato quel tipo di donna che, nel bene o nel male, abbiamo ritrovato in gran parte dei personaggi femminili delle storie recenti, diventando prototipo, modello, stereotipo o caricatura

Sono stata per tantissimo tempo la ragazza arrabbiata, coi capelli corti tagliati in casa con le forbici, con il maglione grunge, con la laurea in lingue orientali, con il pallino dell’antropologia. Adesso sono una donna che cura il proprio aspetto, con la tessera annuale in palestra, con un armadio pieno, con un sacco di parole in testa, con un bicchiere di rosso in mano, con l’abbonamento a Internazionale, ma anche a Vogue, con un libro sull’IS accanto a un romanzo d’amore sul comodino.
E sebbene non avrò mai più la pancia piatta se continuo a bere vino e non vivrò (forse) mai nel West Village e non comprerò mai un paio di Manolo Blahnik (mooolto meglio il nostro Sergio Rossi) credo di essere diventata un po’ Carrie.
Una Carrie che la domenica frigge le melanzane, certo.
Vuoi mettere quante altre parmigiane cucinerò fino al mio 50simo compleanno?

La casetta di Carrie nel West Village, abitata da un simpatico signore che odia gli intrusi.
La casetta di Carrie Bradshaw, che ho fotografato da vera fan nel West Village, abitata da un simpatico signore che odia gli intrusi.

 

Metà mela

La letteratura e il cinema mi avevano messa in guardia: se superi i trenta e ti ritrovi singol, non farai altro che parlare dei trentenni singol.

Allora mi sono trasferita a Milano, che non ha il fascino di Manhattan, ma vuoi mettere nebbia e Navigli?, e parlo sempre della mia vita da sola, in compagnia del mio gatto e del mio naso che farebbe invidia a una Sarah Jessica Parker pre-chirurgia.

Le donne singol che parlano dei singol hanno tutte storie tormentate e infelici alle spalle, perché lo diceva anche Tom Cruise nei panni del saggio Brian Flanagan, maestro di vita e alcolismo in Cocktail, che “Tutte le storie che finiscono, finiscono male, altrimenti non finirebbero affatto!”, però le donne singol trentenni ridono del loro passato.
Soprattutto ridono degli ex.

Le donne singol trentenni che parlano dei singol si scambiano opinioni sui maschi disponibili e anche su quelli non disponibili, ma facilmente separabili, e sono solidali tra loro, non come le ventenni che si fingono amiche per poi sottrarti l’uomo dalle grinfie, appena possono.

C’è un mondo intero di mele a metà che ignoravo, che mi sembrava così arcano e invece è semplice. E anche divertente. Ci sono le donne singol che cercano gli uomini singol che non vanno mai bene per le donne singol. A Milano ce ne sono molti. Tante fette di mela. Si incastrano a fatica, allora si crea questa rete solidale dove si gioca tutti a incastrarsi tra di noi fino a quando due metà riescono più o meno, spesso meno, a coincidere.

Milano non è Manhattan, c’è molta poco city e anche meno sesso. Se sei selettivo. Altrimenti nessun aperitivo ti lascia potenzialmente a bocca asciutta. Ma noi singol trentenni che parliamo dei singol non ci accontentiamo facilmente. Siamo esigenti. Non la diamo mica al primo che ci offre un bicchiere di vino. No.

Ce ne deve offrire almeno tre.